La de-realtà della fotografia
“Grazie per aver selezionato la mia immagine e aver reso questo un momento storico, in quanto è la prima immagine generata dall'intelligenza artificiale a vincere in un prestigioso concorso fotografico internazionale. Quanti di voi sapevano o sospettavano che fosse generata dall'IA? Qualcosa non torna, vero?"
Sono parole dell'artista Boris Eldagsen che, dopo il rifiuto del prestigioso Premio Creative dei Sony World Photography Awards, ha innescato un ampio dibattito sul tema delle immagini ottenute grazie all'intelligenza artificiale. Riflessioni che spingono a indagare l'ontologia stessa della fotografia e il suo valore epistemico.
"Il lavoro è stato interamente realizzato con la piattaforma Midjourney. Ho creato appositamente delle immagini che evocassero uno scenario che ormai ci è familiare proprio perché chi le vedesse pensasse che fossero vere. Volevo che le persone capissero quanto possiamo essere manipolati e aprire un dibattito urgente sulle potenzialità e i limiti dell’IA". Così la fotografa veneziana Barbara Zanon, che ha generato grazie all'IA un intero reportage sulla guerra in Ucraina: cumuli di macerie, funerali delle vittime di guerra e una donna affranta che prega i civili uccisi. Immagini di fatti toccanti, mai accaduti però in una realtà fisica.
"Quali rischi corriamo se accettiamo di chiamare fotografie le composizioni mirabolanti di Midjourney e dei suoi colleghi algoritmici?", si chiede Michele Smargiassi. Possiamo parlare di sintografie? E soprattutto come affrontarle?
Secondo Zanon è più che mai opportuno che si insegni "cultura fotografica nelle scuole, esattamente come si insegnano altre materie. Quando non si hanno strumenti per capire se siamo di fronte a una fotografia o a un’immagine, la si subisce".
Sintografie "da chiudere in qualche recinto?", si domanda ancora Smargiassi. "Non recinti, etichette o polizie, ma spirito critico e dubbio metodico ci possono proteggere dalla fiera delle falsità. Anche perché, non ce ne siamo bene accorti, ma le immagini fabbricate dall’IA ci sembrano così realistiche non perché somiglino alla realtà, ma perché somigliano a delle fotografie".
WIRED
IL CASO DEL PREMIO FOTOGRAFICO VINTO (E POI RIFIUTATO) CON UN’IMMAGINE CREATA DALL’IA
Qual è stato, allora, l'intento di Boris Eldagsen se non quello di vincere? Invitare gli organizzatori dei concorsi a riflettere sul fatto che una fotografia generata da un'IA non dovrebbe mai (o quasi) competere con una scattata da un essere umano. Pertanto, consci di questa differenza, gli addetti ai lavori del settore dovrebbero creare concorsi separati per le immagini ottenute con l'intelligenza artificiale. Ma, come ha precisato lo stesso fotografo, la sua partecipazione è stata indirizzata a “scoprire se i concorsi sono preparati per l'ingresso di immagini IA". Ma non lo sono, secondo Eldagsen.
LA REPUBBLICA
INTELLIGENZA ARTIFICIALE, LA FOTOGRAFA ZANON: "IL MIO BELLISSIMO (MA FALSO) REPORTAGE DALL'UCRAINA, TUTTO FATTO AL COMPUTER"
Vera Mantengoli
"Il lavoro - racconta la fotografa veneziana Barbara Zanon - è stato interamente realizzato con la piattaforma Midjourney. Ho creato appositamente delle immagini che evocassero uno scenario che ormai ci è familiare proprio perché chi le vedesse pensasse che fossero vere. Volevo che le persone capissero quanto possiamo essere manipolati e aprire un dibattito urgente sulle potenzialità e i limiti dell’IA. Il mio appello è che si insegni cultura fotografica nelle scuole, esattamente come si insegnano altre materie. Quando non si hanno strumenti per capire se siamo di fronte a una fotografia o ammagine, la si subisce".
FOTOCRAZIA
ANSIA DA SINTOGRAFIA
Michele Smargiassi
"Quali rischi corriamo se accettiamo di chiamare fotografie le composizioni mirabolanti di Midjourney e dei suoi colleghi algoritmici? Sembra proprio di rivivere, ma ogni volta più caoticamente, le bizantine diatribe che accompagnarono l’avvento della fotografia digitale. Polemiche squisitamente essenzialiste, quasi teologiche, che si spensero prima di aver risolto le loro angosce. Ma adesso? Le immagini IA non sono più come le fotografie manipolate, sono immagini radicalmente differenti per genesi". Sintografie? Da chiudere in qualche recinto? "Non recinti, etichette o polizie, ma spirito critico e dubbio metodico ci possono proteggere dalla fiera delle falsità. Anche perché, non ce ne siamo bene accorti, ma le immagini fabbricate dall’IA ci sembrano così realistiche non perché somiglino alla realtà, ma perché somigliano a delle fotografie"
INTERNAZIONALE
UN'OPERA VERAMENTE UNICA
Christian Caujolle
Considerato il precursore della fotografia a colori, William Eggleston è una figura anticonformista, che unisce documentarismo e surrealismo. "Nelle sue immagini catturava la vita intorno a sé: i componenti della sua famiglia, persone anonime per strada o di fronte ai supermercati, spazi urbani con cartelli stradali, vecchi pneumatici vicino a un muro illuminato dalla luce del sole al tramonto, ma anche l’interno di un forno o di un frigorifero. In altre parole, semplici elementi della vita quotidiana, fotografati senza effetti e senza che in quel momento stesse succedendo nulla di particolare. Sul New York Times del 28 maggio 1976 il critico d’arte Hilton Kramer ne scrisse in modo molto chiaro: Perfettamente banali, forse; perfettamente noiose, sicuramente. Oggi però le stampe di quel periodo sono vendute a più di cinquecentomila dollari l’una".
VICE
SOME OF THE BEST PHOTOGRAPHERS IN THE WORLD ARE CHANGING THE WAY TRAVEL PHOTOS LOOK
Arman Khan
L'iniziitava The All-Inclusive Photo Project, nasce per affrontare la mancanza di diversità nelle immagini del marketing turistico. Il progetto, lanciato dalla compagnia di crociere Celebrity Cruises, si avvale del lavoro di alcuni dei più rinomati fotografi del mondo, come Annie Leibovitz e Giles Duley, per creare la prima libreria di immagini open-source al mondo incentrata sulla diversità. "Il tempo libero non è monopolio dei bianchi", spiega la fotografa Naima Green, coinvolta nel progetto. "Quindi, dobbiamo riformulare e mostrare diverse rappresentazioni di tutti coloro che si godono questi viaggi".
THE NEW YORKER
JOCELYN LEE’S OLDER WOMEN IN THE NUDE
Margaret Talbot
La nudità è il contrario dell'invisibilità? Forse no, ma, se viene mostrata volontariamente e senza vergogna, può essere una sorta di antidoto alla rimozione. Un ritratto di nudo di una donna con più di sessant'anni è un'immagine insolita, persino un tabù. Realizzare queste fotografie e, ancor più, posare per esse, è un atto di sfida. Nel corso della sua carriera, la fotografa Jocelyn Lee è stata attratta da corpi nudi di ogni forma ed età. Il suo ultimo libro, Sovereign, presenta una selezione delle sue fotografie di donne di età compresa tra i cinquanta e i novant'anni, che posano nude, spesso all'aperto e in ambienti naturali.
HUCK
PHOTOS CAPTURING LIFE IN THE AFTERMATH OF THE IRAQ WAR
Isaac Muk
A vent'anni dall'inizio dell'invasione guidata dagli Stati Uniti, le fotografie di Moises Saman mostrano l'entità della distruzione e delle perdite subite dai civili iracheni, ma anche la loro volontà di ricostruire e ricominciare. "Ho visto persone che cercavano di andare avanti con la loro vita quotidiana". Una delle immagini ritrae un uomo vestito con scarpe eleganti e un completo, che si reca al lavoro mentre dietro di lui scoppiano il caos e la violenza. "L'immagine parla davvero di cosa significhi vivere in una zona di guerra, perché l'orologio non si ferma. Non ci sono bombe che cadono continuamente e persone che si rintanano nelle loro case. Quando sei in uno stato di guerra costante, in un certo senso vai avanti".
IL MANIFESTO
«CHRONORAMA», LA FOTOGRAFIA COME UN AFFRESCO COLLETTIVO
Manuela De Leonardis
Dall'archivio Condé Nast provengono le oltre quattrocento opere, realizzate tra il 1910 e il 1979 per la maggior parte fotografie vintage in bianco e nero, scelte tra le cinquemila entrate nella collezione Pinault e presentate nella mostra a Palazzo Grassi. Un percorso emozionante che attraversa la storia del secolo scorso proiettando la visione ricca di citazioni dei 185 autori nel cui sguardo la fotografia è oggetto e soggetto di un affresco collettivo. "Raccontare il tempo in cui si vive non è sempre facile. Chi è importante? Cosa è rilevante in questo momento? Cosa sta succedendo davvero? Le risposte possono dare adito a dibattiti infuocati. I direttori che hanno commissionato questi scatti - figure del calibro di Edna Woolman Chase, Frank Crowninshield, Grace Mirabella, Alexander Liberman, leggendario direttore editoriale di Condé Nast - hanno compiuto scelte fenomenali", scrive Anna Wintour nel catalogo.
SELFIE COME PERFORMANCE
Gabriella Giannacchi
“La popolarità del selfie è legata alla fotografia istantanea. La fotografia ha sempre avuto una dimensione partecipativa. Secondo Susan Sontag, è uno dei principali meccanismi per provare qualcosa, per dare una sembianza di partecipazione, ma con il selfie la partecipazione cambia continuamente durante il processo di trasmissione mediante social media. Per Edgar Gómez Cruz, con l’avvento del selfie la fotografia smette di essere un medium per raccogliere ricordi importanti e diventa un’interfaccia per la comunicazione visiva. A mio avviso il selfie potrebbe essere considerato una forma di performance differita: ‘performance’ poiché il selfie prevede la produzione di un atto o di un evento performativo, e ‘differita’ in quanto tale evento viene nuovamente prodotto ogni volta che viene percepito e spesso anche letteralmente riprodotto attraverso i social media. Grazie a questa distribuzione, il selfie si propaga e accumula valore”.